Perché il dottorato e come è stato?
La scelta era già stata presa durante la laurea specialistica, poiché ho svolto la mia tesi col gruppo con cui poi ho fatto successivamente il dottorato.
Perché? Ero indeciso se continuare la carriera accademica o spostarmi in industria. Quindi ho scelto il dottorato perché mi avrebbe permesso di capire quale strada intraprendere, essendo un ruolo a metá tra studente e lavoratore.
Ho svolto parte del mio PhD al CERN presso l’esperimento Atlas, a cui collaborano qualche migliaio di persone. Ambiente di punta ma molto difficile, stimolante ma allo stesso tempo molto stressante. Mi ha comunque preparato a quello che mi aspettava dopo e mi ha permesso di andare oltre la mia comfort zone.
Perché hai lasciato l'accademia?
Mi sono reso conto che, nonostante i risultati di successo che ho raggiunto durante il dottorato avendo partecipato attivamente all’analisi per la misura di precisione dell’asimmetria forward-backward del bosone Z, ho capito che la carriera accademica era troppo complessa rispetto alle mie aspettative e aspirazioni.
Inoltre c’era anche una ricerca di piú concretezza e stabilità nella mia vita, che ho poi ritrovato nell’industria, e che non sono sicuro avrei potuto trovare restando in accademia, se non dopo molti anni di lavori a termine e con estrema incertezza sul risultato.
Com'è andata la fase di transizione?
Impegnativa: ho dovuto mettere in discussione alcuni principi fondamentali che ritenevo assodati. Sono passato da un ambiente in cui ero libero di fare scelte a un ambiente dove tutto è standardizzato.
Sono stato fortunato poiché Intel é una grande azienda che investe molto nella formazione; peraltro ero stato assunto con un programma post-graduate apposito mirato a persone che transivano dall'accademia all'industria. Ho iniziato a familiarizzare con le macchine industriali e i termini specifici di Intel, a lavorare con altre persone di diversi ambiti e a prendere piccole responsabilità, imparando a relazionarmi e interfacciarmi con altre persone.
Ho imparato che, mentre in accademia sono molto piú importanti le conoscenze e competenze (hard skills), in industria è altresí importante la conoscenza della materia, ma conta molto di più il network e creare interazioni (le cosiddette soft skills). Inoltre i due ambienti, accademico e industriale, sono molto stimolanti e richiedono entrambi di lavorare sotto pressione, ma si tratta di un diverso tipo di stress: mentre in accademia hai un solo task molto difficile, in industria ne hai di piú ma di minore difficoltà; si parla piú di quantitá che di qualitá a volte.
Com'è la giornata tipo nel tuo lavoro di oggi e a chi lo consiglieresti?
La mia giornata tipo di oggi è fatta principalmente di relazioni e interfacce con i diversi stakeholder; nella pratica inizio la mia giornata tipo guardando e-mail importanti, la mia to-do list e poi partecipo ai meeting in maniera ibrida (online e offline).
Il mio é anche un ruolo di coordinamento: non ho un gruppo di cui sono il manager, ma sono punto di raccordo di diverse competenze e coordino un team in cui ci sono rappresentanti di diversi ambiti: qualità, logistica e tecnologia, oltre a quello commerciale di cui sono appunto rappresentante io stesso.
Svolgo, inoltre, l’importante funzione di reporting e interfacciamento con l’executive management internamente all’azienda, ma anche con la controparte manageriale del nostro business partner/supplier. Tutto ciò è valido specificamente per il prodotto di mia competenza.
Che cosa hai imparato durante il dottorato che ti è utile oggi?
Il dottorato è stato un ottimo biglietto da visita nel mondo non accademico e un modo per certificare le mie competenze analitiche e scientifiche; soprattutto il fatto che io abbia svolto i miei studi superiori presso il CERN è stato fondamentale: è infatti riconosciuto come luogo di alta formazione a livello internazionale anche da chi non è del settore e ha fatto subito capire all’hiring manager con chi avrebbe avuto a che fare.
Il dottorato è stato visto come una certificazione che mi attribuisce le capacitá di un innato problem solver: per la mia esperienza, in azienda, il dottorando viene visto come una persona a cui affidare un compito senza doverglielo spiegare troppo e che puó andare velocemente a regime indipendentemente e senza troppo bisogno di aiuto esterno, cosa che in azienda sarebbe vista come un costoso fardello.
Ti penti di qualcosa in relazione al dottorato e alle scelte successive?
Per il dottorato no, penso proprio che un dottorato in Fisica lo rifarei dalla A alla Z.
Per quanto riguarda l’esperienza in industria ho imparato col tempo che a volte ho effettuato scelte di cambiare posizione e di dare una direzione diversa alla mia carriera in modo troppo lento. Quando vedi qualcosa che non va come vorresti, meglio cambiare ruolo, gruppo o altro in maniera rapida piuttosto che cercare di risolvere i problemi. Il fattore tempo è fondamentale!
Quali consigli vorresti dare a chi sta affrontando il momento della transizione?
Molto importante è crearsi un network, parlare con le persone, anche quelle che non pensi possano essere d’aiuto.
Ho anche una piccola critica costruttiva a chi viene dall’ambito scientifico accademico: spesso si pensa che l’ambito accademico sia migliore di quello industriale/aziendale, più rigoroso ed elitario. Consiglio di essere un po' più umili.
In generale: informarsi molto, scrivere un buon CV, farsi aiutare da chi già sta dall’altra parte a capire quali skills che già si possiedono sono valorizzate in azienda: molte volte diventa un mero problema di vocabolario!